Exit West di Moshin Hamid

Moshin Hamid, Exit West (2017), trad. it. di Norman Gobetti, Einaudi 2017, pp. 65-68.

Saeed e Nadia sono due giovani innamorati. Vivono in una città non precisata del continente asiatico, dove a un certo punto dei miliziani prendono il potere, scatenando una vera e propria guerra. La città non è più vivibile e i due giovani decidono di andarsene. Vengono a sapere dell’esistenza di un “passaggio” che consente di lasciare il Paese, ma occorre pagare e mettersi nelle mani dei contrabbandieri di esseri umani.

In quei giorni si diceva che il passaggio era un po’ come una morte e un po’ come una nascita, e in effetti Nadia provò una sensazione di annientamento mentre entrava nell’oscurità e lottò furiosamente per respirare mentre cercava di uscirne, ed era infreddolita, contusa e bagnata quando si ritrovò distesa sul pavimento della stanza dall’altra parte, tremava e sulle prime era così spossata che non riusciva ad alzarsi, e pensò, mentre boccheggiava per riempirsi i polmoni d’aria, che quella sensazione di bagnato doveva essere il suo sudore.
Stava emergendo anche Saeed, e Nadia strisciò in avanti per fargli spazio, e nel mentre notò per la prima volta i lavandini e gli specchi, le piastrelle del pavimento, le cabine alle sue spalle, tutte con porte normali tranne una, quella nera attraverso la quale era passata lei e adesso stava arrivando Saeed, e si rese conto di trovarsi nei bagni di un edificio pubblico, e tese le orecchie ma non si sentiva niente, a parte i suoni che provenivano da lei stessa, il suo respiro, e da Saeed, i suoi grugniti sommessi, come quelli di un uomo che sta facendo ginnastica, o sesso.
Si strinsero senza alzarsi in piedi, e lei lo prese fra le braccia, perché era ancora debilitato, e quando si sentirono abbastanza in forze si alzarono, e lei vide Saeed che si girava con tutto il corpo verso la porta, come se in qualche modo desiderasse fare marcia indietro e tornare dall’altra parte, e gli si mise accanto senza parlare, e per un po’ lui restò immobile, ma poi si avviò deciso e raggiunsero l’uscita e si trovarono fra due costruzioni basse, e udivano un suono, come quando ci si avvicina una conchiglia all’orecchio, e sentivano un venticello fresco sul viso e un odore salmastro nell’aria, e videro una striscia di sabbia nell’aria e basse onde grigie e parve loro un miracolo, ma non era un miracolo, semplicemente erano su una spiaggia.
Davanti alla spiaggia c’era uno stabilimento balneare, con banconi e tavoli e grandi altoparlanti e sedie a sdraio accatastate per l’inverno. I cartelli erano in inglese ma anche in altre lingue europee. Sembrava non ci fosse nessuno e Saeed e Nadia si avvicinarono al mare, con l’acqua che si fermava a pochi centimetri dai loro piedi e sprofondava nella sabbia, lasciando su quella levigatezza linee che sembravano il residuo di una bolla di sapone soffiata da un genitore per il figlio. Dopo un po’ comparve un uomo dalla carnagione chiara e i capelli castani che disse loro di andarsene, ma senza ostilità o particolare rudezza, più come se stesse conversando in una lingua dei segni internazionale.
Si allontanarono dallo stabilimento balneare e, in una zona riparata sulle pendici di una collina, videro quello che sembrava un campo profughi, con centinaia di tende e baracche e persone di diverse tonalità di colore – di molte diverse tonalità di colore ma quasi tutte nell’ambito di uno spettro che andava dal cioccolato fondente al tè con latte – e quelle persone erano assembrate intorno a fuochi che bruciavano dentro fusti di benzina, e parlavano in una cacofonia che era la lingua del mondo, così come la sentirebbe un satellite per le comunicazioni, o il capo di un’organizzazione spionistica che avesse messo sotto controllo un cavo sottomarino a fibre ottiche.

UN BRANO TRATTO DA QUESTO LIBRO È DA LEGGERE AD ALTA VOCE IN CLASSE PER L’ATTIVITÀ n° 10 DEL KIT DIDATTICO PER IL BIENNIO DELLA SECONDARIA DI II GRADO.