Diario di scuola di Daniel Pennac

Daniel Pennac, Diario di scuola, trad. it. di Yasmina Mélaouah, Feltrinelli, Milano 2008, pp. 47-48.

Daniel Pennac (il cui vero cognome è Pennacchioni, di origini italiane) è un insegnante e uno scrittore francese molto famoso. Da bambino però è stato un pessimo alunno, considerato dai genitori e dagli insegnanti un vero e proprio asino, un ragazzo che non sarebbe arrivato da nessuna parte.

Nessun avvenire.
Bambini che non
diventeranno
Bambini che fanno cadere le braccia. 
Alle elementari, alle medie, poi al liceo, ci credevo anch’io, vero come l’oro, a questa esistenza senza avvenire. 
È addirittura la primissima cosa di cui si convince il ragazzo che va male a scuola. 
“Con dei voti del genere, cosa puoi sperare?”
“Credi di poter andare in prima media? (in seconda, in terza, in prima liceo…)” 
“Quante probabilità hai, secondo te, di essere promosso alla maturità, fammi un favore, calcola tu stesso le probabilità, su cento, quante?” 
O quella preside di scuola media, con un vero e proprio grido di gioia: “Tu, Pennacchioni, il diploma di terza media? Non l’avrai mai! Hai capito? Mai!” 
Detto fremendo. 
In ogni caso non diventerò mai come te, vecchia pazza! Non sarò mai un prof, ragno invischiato nella sua stessa tela, aguzzino inchiodato alla cattedra fino alla fine dei suoi giorni. Mai! Noi studenti passiamo, voi invece restate! Noi siamo liberi e voi vi siete beccati l’ergastolo. A scuola noi andiamo male, ma almeno andiamo da qualche parte! L’aula scolastica non sarà mai il misero recinto della nostra vita! 
Disprezzo per disprezzo, mi aggrappavo a questa pessima consolazione: noi passiamo, i prof restano; è una conversazione abituale tra quelli dell’ultimo banco. I somari si nutrono di parole. […] Divieto di avvenire. 
A forza di sentirmelo ripetere, mi ero fatto un’immagine piuttosto precisa di questa vita senza futuro. Non che il tempo avrebbe smesso di passare, non che il futuro non esistesse, no, ma io sarei stato identico a quello che ero oggi. Non lo stesso, certo, non come se il tempo non fosse fuggito via, ma come se gli anni si fossero accumulati senza che in me nulla fosse cambiato, come se il mio istante futuro minacciasse di essere rigorosamente identico al mio presente. E di che cosa era fatto il mio presente? Di una sensazione di inadeguatezza esasperata dalla somma dei miei istanti passati. Ero negato a scuola e
non ero mai stato altro che questo. Il tempo sarebbe passato, certo, e poi la crescita, certo, e i casi della vita, certo, ma io avrei attraversato l’esistenza senza giungere ad alcun risultato. Era ben più di una certezza, ero io. 
Di ciò, alcuni bambini si convincono molto presto e se non trovano nessuno che li faccia ricredere, siccome non si può vivere senza passione, in mancanza di meglio sviluppano la passione del fallimento.

UN BRANO TRATTO DA QUESTO LIBRO È DA LEGGERE AD ALTA VOCE IN CLASSE PER L’ATTIVITÀ n° 3 DEL KIT DIDATTICO PER LA SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO E PER LA n° 4 DEL PRIMO BIENNIO DELLA SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO.