J. R. Lansdale, L’ultima caccia, trad. Seba Pezzani, Einaudi, Torino 2018, pp. 15-18.
Il protagonista di questo romanzo dello scrittore americano J. R. Lansdale, ambientato nel 1933, è Richard Harold Dale, un bambino che vive con i suoi genitori e suo fratello in una fattoria isolata del Texas, negli Stati Uniti d’America. La famiglia riceve ogni tanto la visita del dottor Travis, che porta in regalo ai bambini delle riviste illustrate. In questo brano, Richard e suo padre stanno lavorando il terreno con un aratro attaccato a un mulo di nome Clancy. A un certo punto, all’improvviso, il padre rivolge una domanda al figlio.
Circa un’ora più tardi, Doc Travis se ne andò, papà uscì e ci raggiunse presso la legnaia, dove stavamo finendo il nostro lavoro. Dopo aver rispedito Ike in casa ad aiutare mamma, andammo nella stalla per agganciare Clancy e prepararlo alla sua giornata di lavoro. Bisognava estirpare le erbacce fra le file di mais e di canna da zucchero.
Una volta preparato Clancy, papà prese in mano le funi, depositò il manubrio dell’aratro su un fianco e lasciò che il mulo lo trainasse giù fino alle paludi. Nel frattempo, papà cominciò a parlare.
– Cosa ti piacerebbe fare da grande, figliolo?
Venni colto alla sprovvista. Non avevo mai avuto dubbi su cosa avrei fatto. Avrei continuato a fare il contadino. Avrei coltivato quello che era possibile e me la sarei cavata nel migliore dei modi, proprio come aveva fatto papà. Mi resi conto che forse avevo la possibilità di scegliere e, di fronte a quella domanda, mi accorsi anche di avere una risposta.
– Mi piacerebbe scrivere delle storie, – dissi. Quelle parole mi saltarono fuori dalla bocca con grande naturalezza. Probabilmente era un po’ che covavo quell’idea dentro di me, ma ora che Doc Travis mi aveva portato quelle riviste e che papà mi aveva fatto quella domanda in maniera tanto diretta, era venuto il momento di prendere una decisione.
Papà gridò: – Fermati! – a Clancy, poi si voltò dalla mia parte e mi guardò. Ebbi la terribile, pesante sensazione di aver dato la risposta sbagliata.
– E allora? – chiese.
Per un istante, considerai l’ipotesi di cambiare risposta, ma temevo che mi avesse sentito bene e che stesse solo assicurandosene. – Mi piacerebbe scrivere delle storie, – dissi nuovamente. – Come quelle delle riviste che mi ha portato Doc Travis.
– Delle storie? – chiese papà.
– Sissignore.
– Vuoi dire, inventare e scrivere delle storie?
– Sissignore.
Papà restò in silenzio per un momento, riflettendo. Iniziai a sentirmi a disagio a proposito della carriera che avevo appena scoperto di voler intraprendere. Dal tono di voce di papà, intuii che per me aveva pensato a diverse attività, ma tra queste non figurava certo scrivere storie per riviste. Dopo un po’, chiese: – Pagano qualcuno per farlo? Per inventarsi delle storie?
…
UN BRANO TRATTO DA QUESTO LIBRO È DA LEGGERE AD ALTA VOCE IN CLASSE PER L’ATTIVITÀ n° 7 DEL KIT DIDATTICO PER LA SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO E PER LA n° 6 DEL PRIMO BIENNIO DELLA SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO.

